Il test della tazza di caffè per assumere: le rivelazioni di un direttore d’azienda

Ha fatto discutere ciò che ha dichiarato un direttore di un’azienda australiana circa i singolari metodi di assunzione dei propri dipendenti

In tempi di intelligenza artificiale, il mondo del lavoro, quello telematico e con una buona dose di virtualità inizia a chiederti quale sarà il futuro: la strada futura che percorreranno alcune professioni; il destino dell’elemento più fisico e coinvolto: il lavoratore. Sì, perché gli algoritmi si candidano al passaggio da supporto a produttori diretti, pressoché con pochissime se non senza (in taluni casi) la mediazione umana (neanche a scopo di monitoraggio).

Il futuro reale inizia a parlare un linguaggio sconosciuto dopo due rivoluzioni industriale e un’infinità di rivoluzioni tecnologhe: un lavoro senza lavoratori. Resta certamente un orizzonte tenuto al momento a debita distanza, visto che è difficile concepire socialmente una società ai cui rimane l’identità di persona, senza alcun altro identikit dato dalla sua funzione. Comunque, di fronte ai massimi cambiamenti all’interno delle aziende, anche le competenze richieste non sono più scontante e la ricerca di nuovo personale impiega strumenti di selezione nuovi e singolari.

Assunzione col test della tazza di caffè: la tecnica (sbeffeggiata) di direttore d’azienda

È noto come all’interno delle grandi aziende, si investono ingenti somme di denaro per tirare fuori il massimo dai singoli dipendenti, col minimo sforzo. Innanzitutto questo avviene generalmente sul piano della formazione, ma la strategia più sopraffina agisce sulle qualità del lavoratore, le skills. Si tratta dunque di una fase propedeutica, tale da manifestarsi, parimenti, dopo un lungo rapporto, quando una società è costretta a ridurre il personale.

Oggigiorno si possono cogliere competenze alternative per raggiungere obiettivi di mercato o di adeguamento alle severe strutture imprenditoriali. Si riversa un know how derivante dalla psicologia del lavoro, dalla filosofia e dalle tecniche motivazionali: ma non è la garanzia di evitare il licenziamento o la cassa integrazione. La complessizzazione del mercato del lavoro si traduce anche in singolari approcci relativi alla ricerca di personale.

I responsabili delle risorse umane hanno in mano diverse opzioni, ma alcuni di loro applicano delle tecniche davvero particolari. Una delle più curiose è quella uscita fuori sui TikTok e Reddit, che ha generato non poche polemiche e voci risentite. A raccontarla è Trent Innes, chief growth officer di SiteMinder, un’azienda australiana: nel 2019, quando era ancora amministratore delegato di Xero Australia, ha descritto su «The Venture Podcast» la sua personale tecnica, ossia il test della tazza del caffè.

L’ex amministratore delegato invitava i candidati ad una passeggiata in cucina per offrire loro acqua, caffè o una tazza di tè. Le persone assunte risultavano coloro che riportavano le tazze in cucina al termine del colloqui. La morale dell’esperimento? Per un compito così poco importante – a dirlo è lui stesso – «puoi sviluppare abilità, acquisire conoscenze e acquisire esperienza, ma tutto dipende dall’atteggiamento». Dai social, dopo quattro anni, riemerge l’episodio e una nuova ondata di insulti (il più innocente, accusato di fare «giochi mentali») investe il direttore.

 

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