Il nome segreto di Roma rimane uno dei misteri più affascinanti che avvolge la nostra magnifica città. Ma quale doveva essere quel nome? E perché era così importante?
Roma per i romani è l’esempio più reale e vivo dell’odi et amo. Una città che risucchia tutte le energie, ma non fa a meno di regalarti una passione e un amore incondizionato, che si nasconde fra i vicoli unici della capitale.
Roma, inoltre, nasconde anche moltissimi segreti sparsi per le sue suggestive vie. Da scritte a riti antichi e popolari. Ma il segreto più antico e pericoloso rimane il suo nome segreto. Questo non è una particolarità della sola Roma, infatti nell’antichità tutte le grandi città avevano un nome nascosto che serviva per un rito specifico, di carattere militare e religioso. Era consuetudine averlo ed era essenziale tenerlo nascosto a tutti i costi, per la sicurezza della città e dei suoi cittadini.
Il nome segreto: la storia di un rito
Iconica la storia raccontata su Quinto Valerio Sorano che, in piena guerra civile tra Caio Mario e Lucio Silla, fu condannato alla pena capitale per aver rivelato nella sua opera il nome segreto di Roma. Non mancano i dubbi sulla vicenda, si pensa anche a questioni politiche, ma è essenziale per noi comprendere il valore di quel nome, al punto da rendere normale una esecuzione capitale. “avendo osato pronunciare questo nome, come alcuni dicono, fu trascinato via dal senato e crocifisso, come dicono altri, per para della condanna fuggì e, catturato in Sicilia dal pretore, fu ucciso su ordine del senato.”
Ma perché tale nome rimane un segreto ed è così importante tenerlo nascosto? Il nome segreto di una città serviva all’Evocatio. Questo era un rito nel quale si evocava, pronunciando tale nome, il dio protettore di una città davanti le mura di quest’ultima. Veniva utilizzato in due modi, in difesa della città sotto assedio o mentre si assediava una città. Ciò significava, conoscendo il nome segreto, che era possibile impadronirsi dell’essenza della città assediata e a sottometterla. Il rito evocava la divinità che difendeva la città e le si chiedeva di cedere la difesa della città, abbandonarla, e unirsi a Roma, immaginando Roma l’assediatrice, introducendola nel culto dell’Urbe.
Conoscere questo nome, quindi, significava mettere a rischio la sicurezza della città. La stessa Troia, nel secondo libro dell’Eneide, Enea incita a difendere la città nonostante i protettori erano fuggiti. Quindi, perdere i protettori significava perdere la città, tanto che i Romani si affidavano alle dee arcaiche del silenzio, Tacita Muta e Angerona, come ci racconta Plinio il vecchio nel Naturali Historia “non è fuori proposito accennare qui ad una particolarità dell’antica religione prescritta per questo silenzio. La dea Angerona, alla quale si sacrifica nel giorno del 21 dicembre, ha il simulacro con la bocca fasciata da una benda”
Evocatio e nome segreto: di cosa si tratta
Il nome segreto è stato custodito con grande cura e ancora oggi rimane per noi un enorme punto di domanda, ma sono due le possibilità che sembrano essere valide. La prima, meno “battuta” deriva da un errore di Ovidio, per il quale venne esiliato, che si sia lasciò scappare. L’altro nome, infatti, si pensa fosse Maia, legato ai fasti. Maia la Pleiade madre di Mercurio.
L’altra possibilità è decisamente più articolata. La fondazione di Roma ha molte sfaccettature mitologiche, sicuramente una delle più affascinanti rimane il grande viaggio di Enea. L’eroe era figlio di un uomo, tal Anchise, e della dea Venere, dea della dell’Amore o definibile come Amor, palindromo di Roma. Che fosse questo il nome segreto di Roma? Sicuramente si giustifica, così, l’origine del nome principale, sul quale gli storici ancora dibattono, ma il culto di Venere è il protettore della città eterna?
Venere: la figura materna di Roma
Venere genitrice, rappresentata come la figura materna che allatta, come fece la lupa nel mito con i gemelli Romolo e Remo. Il suo culto trovò grande diffusione in epoca augustea, alla quale venne dedicato un tempio insieme a Marte, l’elemento maschile del guerriero. Ecco le due figure, ma quella materna rimane primaria, anche nelle invocazioni più “quotidiane”, come Lucrezio nel De rerum natura invoca Venere in tempi difficili della res publica. In questo ci viene in soccorso, millenni dopo, anche Giovanni Pascoli che nel Inno a Roma, racconta proprio della parola segreta:
“Risuoni il nome che nessun profano
sapea qual fosse, e solo nei misteri
segretamente s’inalzò tra gl’inni:
mentre sull’ombra attonita una strana
alba appariva, un miro sole, e i cavi
cembali intorno si scotean bombendo —
Amor! oh! l’invincibile in battaglia!
oh! tu che alberghi nei tuguri agresti!
oh! tu che corri l’infinito mare!”
Sarà questo il suo vero nome segreto? Un mistero rimasto custodito per migliaia di anni, senza che nessuno ne facesse parola, senza che venisse mai scoperto e sfruttato. Sarà questo il motivo del suo essere città eterna?