Questi pensionati troveranno alcune integrazioni sugli importi a partire dai cedolini INPS di gennaio. In realtà, nessuna sorpresa: di cosa si tratta
Nel corso dell’estate, l’intenso lavoro dell’INPS ha vissuto pochissime soste. All’inizio dell’anno si è assistito ad una lunga maratona di controlli sui titolari di pensioni, assegni sociali e indennità, che hanno spesso rallentato o bloccato talune erogazioni. Gli scaglioni delle verifiche sono andati via via migliorando nella loro azione, incidendo sempre meno nelle attività correnti degli uffici pagatori. Anzi, la stagione estiva è stata l’opportunità (si fa per dire) per attuare attesissime misure di sostegno.
L’oggetto sono innanzitutto le pensioni. In particolare le pensioni minime: nelle tornate di agosto e settembre sono stati finalmente applicati gli indici di aumento previsti dalla Legge di Bilancio 2023; sono gli indici di adeguamento ISTAT, proporzionati in base all’inflazione e ai prezzi di consumo. Il doppio indice, nella fattispecie, ha permesso di incassare anche gli arretrati (da gennaio, appunto): un rialzo dell’1,5% per i pensionati minimi fino a 75 anni; per gli over 75, l’incremento è balzato al 6,4%.
Per chi ha dunque più di 75 anni e percepisce una pensione minima, il cedolino mensile si è attestato a poco meno di 600 euro. Per i prossimi mesi, bisogna dirlo, nessun altro appuntamento di aumenti è previsto da un punto di vista previdenziale, a meno che non si considerino le varie turnazioni necessarie per completare gli accrediti degli arretrati, oltre ai conguagli legati alle revisioni su ISEE familiari e su fattori anagrafici.
Come accennato, tale processo è derivato nel contesto della rivalutazione ISTAT degli importi, prevista per legge, ma che dallo scorso anno è frutto di un delicato sistema di pagamenti, regolato su un’inflazione che ha viaggiato per mesi su due cifre percentuali. Ciò riguarda tutte le prestazioni INPS, eccetto l’Ape sociale. Per questo motivo, dal prossimo gennaio 2024, si avrà l’altra novità (che non è una novità): gli aumenti derivanti dall’adeguamento 2024.
Le integrazioni vengono pagate in base alle aliquote reddituali. L’indice di inflazione, nel 2023, è stato del 7,3%, riscosso dai percettori in base a tali tabelle previdenziali: 100% per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo INPS; 85%, per pensioni fino a 5 volte il trattamento minimo; 53%, per trattamenti oltre 5 e fino 6 volte il minimo; 47%, per pensioni fino a 8 volte il trattamento minimo; 37%, per pensioni fino a 10 volte il trattamento minimo; 32%, per pensioni oltre 10 volte il trattamento minimo. Il tasso previsto per il 2024 oscillerebbe tra 5,5% e il 6%; ciò significa che i ratei mensili verrebbero così aumentati: 53 euro di aumento per 1.000 euro; 80 euro circa per 1.500 euro; 106 euro per 2.000 euro; 128 euro per 2.500 euro; 142 euro per 3.000 euro.
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