La situazione demografica mondiale ci descrive una bruttissima situazione nella quale ci siamo sempre più dentro e che sembra non voler migliorare.
Non ci rendiamo mai veramente conto della situazione mondiale nella quale versiamo. Viviamo comodamente nei nostri divani, guardandoci qualche talk show di persone che urlano opinioni diverse, mentre l’orologio scorre e il ticchettare del tempo diventa sempre più assordante. La situazione demografica mondiale è uno di questi orologi e ci sta dicendo, in maniera inconfutabile, che si sta andando verso un futuro pericoloso.
Partiamo dall’anno scorso quando un rapporto delle Nazioni Unite ha confermato l’arrivo per il 2023 della quota “8 miliardi” e ha specificato una serie di problemi che questo “traguardo” comporta all’umanità stessa. Secondo i dati delle Nazioni Unite il picco dell’umanità verrà raggiunto nel 2080. Questo dato viene calcolato specificatamente sul tasso di crescita che diminuisce ogni anno, in quanto diminuisce il tasso di fertilità. Si contavano negli anni ’60 un media di 5 figli, ora siamo a 2 e il dato continua a calare.
Questa informazione, secondo James Pomeroy, economista di HSBC, è sbagliata e stima un picco ben prima, nel 2042. Ma per quale motivo il picco sembra essere utile capirlo? Perché se statisticamente il crollo demografico dovrebbe seguire una curva specifica, il punto di rottura sembra essere traumatico. Sia chiaro, non si parla di apocalisse, si parla di un contesto sociale ed economico al collasso che fa fatica a reggere il consumo di un gran numero di persone, portando al crollo demografico più velocemente. In fondo non parliamo di niente di diverso dal ciclo delle risorse.
Normalmente tutte le specie animali sono predisposte a crescere in un ambiente stabile e ricco di risorse. Ma arriva un punto di rottura nel quale scarseggiano quelle risorse che hanno reso possibile la loro crescita. Così il numero demografico si contrae a causa della mancanza di risorse, aumento dei predatori e delle malattie. Il senso è lo stesso per tutti gli esseri viventi del pianta, compreso l’uomo.
Così negli ultimi 200 anni siamo passati da 1 miliardo a 8. La crescita, però, come spiegano le Nazioni Unite, continua a rallentare, come a segnarci il punto di fine di questa crescita in questo secolo. Il tasso di fertilità che abbiamo sopra citato e che sta determinando questo rallentamento, è determinato ad un occidente che ha tirato il freno a mano demografico. Infatti nei prossimi 3 decenni si calcola un crollo della popolazione europea, ma un aumento di quella Indiana.
In questo contesto arriva una nuova ricerca, quella di William Rees, pubblicata su World che presenta una visione decisamente più catastrofica. “abbiamo adottato uno stile di vita auto-sabotante, in cui le risorse finite che hanno permesso alla nostra società di prosperare prima o poi saranno insufficienti“. Torna il discorso del ciclo delle risorse che ci dimostra il grande limite della nostra società.
Consumo incontrollato e sfruttamento delle risorse finite hanno un solo risultato: scenari molto negativi. In questo l’Earth Overshoot Day ci regala un ottimo spaccato. Ma di cosa parliamo? Si definisce Earth Overshoot Day la data del calendario in cui il consumo di risorse dell’umanità per l’anno supera la capacità del nostro pianeta di rigenerare quelle risorse quell’anno.
In questo Rees ci mostra un punto di vista molto più crudo. Al finire del secolo finiranno le risorse di una società come la nostra, che consuma e continua a crescere. E quando ciò succederà bisognerà scendere a patti con quanto sta accadendo ed il crollo demografico sarà inevitabile e vertiginoso. Come affermano le Nazioni Unite, che parlano di arrivare nel 2100 con la metà della popolazione, Rees conferma e spiega che non stiamo parlando solo di numeri, ma di cosa accadrà alla popolazione umana: crisi economica, idrica e di cibo, malattie e carestie.
Fa paura e forse è descritto con più enfasi di quello che vedremo o vedranno le prossime generazioni, ma di certo non possiamo aspettarci di vivere nella serenità e nell’illusione infantile che andrà sempre tutto bene.
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