Davanti ai giudici romani della Terza Corte di Assise, la ex di Calderon conferma le accuse nei confronti dell’unico imputato per l’assassinio dell’ultrà
Mentre a Roma sono spuntati in ogni municipio graffiti al grido di “Diabolik vive” (con tanto di emblematici occhi dal leggendario fumetto), il mercato della droga sia riequilibrato dopo l’uccisione di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, ufficialmente storico capo degli ultrà della Lazio “Irriducibili”, ma anche il principale gestore del traffico di droga nella Capitale. L’agguato, avvenuto il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti, i pm ne sono certi, è stato il segnale di un cambiamento nel controllo dello spaccio capitolino da parte dei maggiori attori criminali.
Come è noto, l’unico indagato per la sparatoria che ha ferito mortalmente Piscitelli è il pericoloso sicario argentino Raul Esteban Calderon, incastrato dalle Immagini delle telecamere di video sorveglianza puntate sul luogo dove Calderon si avvicinava per uccidere Diabolik vestito da runner. A confermare le accuse per omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi, ci pensa l’ex compagna Rina Bussone, davanti i giudici della Terza Corte di Assise di Roma.
La donna, in videocollegamento da un sito protetto con l’aula bunker di Rebibbia, ha dichiarato che l’uomo le disse «ho ammazzato Diabolik». Ora, la Bussone è sottoposta al programma di protezione e continua a confermare le dichiarazioni di accusa rese ai magistrati dal dicembre 2021: «Calderon mi ha detto che per l’omicidio ha preso 100mila euro in contanti e 4mila al mese, e che Leandro Bennato aveva pagato a sue spese e lo aveva fatto perché Diabolik stava mandando in giro voci su di lui come un infame, diceva che ‘Leo era un infame’».
All’epoca dei fatti, la donna apprende dell’assassinio dalla tv, ma non ha avuto dubbi sulle responsabilità del compagno, dato che una decina di mesi prima Leandro Bennato ha incontrato la coppia manifestando la volontà di uccidere Piscitelli e che fosse Calderon ad assolvere al compito. Quest’ultimo è tornato poi in carcere, ma dopo la notizia, per la donna le responsabilità erano chiare. La donna e Calderon sono stati legati da un rapporto fatto di precedenti criminali, in particolare rapine a mano armata.
Proprio da un colpo messo a segno nel 2019 ad una gioielleria della Casilina deriverebbe la pistola che ha ucciso Diabolik, di proprietà del gioielliere e sottratta assieme ai gioielli. Si tratta di una 9×21, rimasta custodita prima dell’omicidio all’interno di un’anfora posta nel condominio dove risiedeva la donna. La pistola è stata poi prelevata da Leandro Bennato che l’ha passata a Calderon. Dopodiché, dopo l’uccisione, la donna, che ha reclamato la sottrazione anche della sua pistola (una 7×65), ha ricevuto la conferma da parte del compagno dell’utilizzo della stessa 9×21.
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