Con la crisi e l’inflazione potresti aver scelto il pane in cassetta invece di quello fresco, del resto costa meno. Ma da tante parti viene demonizzato. Andiamo a vedere allora che cosa c’è dietro l’etichetta
Il pane è uno degli elementi cardine della nostra alimentazione mediterranea. Si tratta anche di uno degli alimenti più antichi che l’uomo sia mai riuscito a creare. La storia lo vuole nato in Egitto, in realtà come la birra e proprio con la birra condivide la presenza di microrganismi che aiutano a dare al prodotto finale la consistenza e il sapore che tutti ora riconosciamo. Di per sé, quindi, il pane non è altro che un composto in cui alcuni elementi reagiscono chimicamente per dare origine a loro volta a un altro prodotto.
Il pane è sostanzialmente una questione di chimica dunque ma una chimica che sfrutta qualcosa di elementare: farina, sale, lievito e acqua. Questi sono gli ingredienti che dovrebbe contenere un buon pane lievitato. E il pane fresco di solito è effettivamente composto solo da questi ingredienti, ma così è pure nel caso del cosiddetto pane in cassetta. Il pane confezionato che si trova con tanta facilità nella stessa zona dei supermercati in cui si trovano anche magari le fette biscottate, le gallette o i pani speciali integrali e con i semi. Eppure alcune caratteristiche del pane in cassetta potrebbero dare l’idea che si tratti di un prodotto estremamente sintetico.
Che cosa c’è quindi effettivamente nell’etichetta di un qualunque pane confezionato preso a caso dallo scaffale? Andando a guardare tra due dei pani che si trovano comunemente in commercio l’unico ingrediente che potrebbe capitare di diverso rispetto alla formula tradizionale, se si escludono semi e farine speciali, è un conservante: l’acido sorbico, individuabile anche dalla sigla E200 e che si trova addirittura in natura all’interno dei frutti del sorbo. È presente in molti yogurt, in tanti prodotti dolciari ed è sostanzialmente un antimicrobico naturale. Viene utilizzato per evitare che quindi si sviluppino e si moltiplichino microrganismi patogeni sul pane confezionato.
Un altro conservante molto utilizzato è l’alcol etilico che serve come sterilizzante. Altre formule di additivo che possono essere presenti nei pani in cassetta sono l’acido ascorbico individuato anche come E300 e i mono e digliceridi degli acidi grassi individuati dalla sigla E471. Questi ultimi servono nel caso in cui si voglia dare al pane una morbidezza maggiore più a lungo. Si tratta però tutti di ingredienti che, se anche non si trovano sul pane acquistato al forno, non hanno nulla di pericoloso perché hanno il solo scopo di creare un prodotto che sia in grado effettivamente di resistere su uno scaffale di un supermercato anche a distanza di molto tempo da quando è stato creato.
Scoperto che in buona sostanza quello che potrebbe esserci di pericoloso nel pane in cassetta è per lo più prodotto a partire da ingredienti naturali e ha il solo scopo di favorire il mantenimento del prodotto in casa, è comunque strettamente necessario andare a leggere l’etichetta del pane in cassetta. Perché il problema non è se è trattato con alcol etilico, e in quel caso basta aprire la busta qualche minuto prima di mangiarlo e l’alcool evapora, il problema è quando vengono utilizzate farine che vengono spacciate per totalmente integrali quando invece poi nell’elenco degli ingredienti compaiono anomalie che non dovrebbero esserci o se per esempio si trova indicato lo sciroppo di glucosio o ancora troppi esaltatori di sapidità. Se il pane confezionato ha una lista degli ingredienti coerente e ridotta al minimo è un pane buono esattamente come il pane del fornaio.
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